Simulatore di realtà visiva (SRV). Vedere quello che gli altri vedono.

SIMULATORE DI REALTÀ visiva (SRV)

Vedere quello che gli altri vedono grazie ad uno strumento che ho ideato, in grado di analizzare i difetti dell’occhio da studiare e di sovrapporli ad un immagine da analizzare. Questo è il mio metodo innovativo per simulare la realtà visiva (SRV).

Il nuovo metodo per l’analisi delle immagini viste dall’occhio umano

Attualmente i metodi utilizzati in Oftalmologia per valutare la vista si basano essenzialmente su sistemi di misura. La vista si misura in decimi (10 decimi è considerato il massimo possibile) o in frazioni di decimi. La metodica più comune e universalmente accettata è quella dell’ottotipo. Questo strumento è un semplice tabellone luminoso su cui sono incisi dei simboli (lettere, numeri o altro) in file orizzontali decrescenti per dimensioni: la prima fila corrisponde ad 1 decimo, l’ultima a dieci decimi. Per stabilire un’eventuale perdita del visus , in una valutazione medico legale, si fa sempre riferimento alla misurazione della vista con l’ottotipo. 

Questa metodica negli ultimi anni è stata ulteriormente raffinata ed il classico ottotipo a lettere pre stampate è stato sostituito da schermi su cui vengono proiettati i vari simboli di lettura od ancora da veri e propri computer che possono visualizzare un numero infinito di simboli in cui si possono variare sia le dimensioni che il contrasto del carattere.
La misurazione strumentale delle capacità visive tuttavia non è in grado di darci informazioni sulla realtà visiva del soggetto che di giorno vede alla luce del sole, di notte con i fari delle automobili ed ancora vede con un numero enorme di combinazioni luminose che sono ben diverse dalla misurazione statica e a luce fissa che si effettua oggi nello studio dell’Oculista. 

Negli ultimi 20 anni con l’avvento delle nuove tecniche chirurgiche di cataratta e di laser per la correzione dei difetti di vista ci si è trovati di fronte alla necessità di capire esattamente come vede e che cosa è in grado di vedere un soggetto durante tutto il giorno. Per esempio chi è alla guida di autoveicoli, ci dirà che spesso si accorge di vedere male di sera, anche se usa gli occhiali che gli danno una vista di dieci decimi. Oppure, un testimone oculare ci potrebbe dire di aver visto ad una certa ora una targa o un individuo che ritiene di poter riconoscere in qualunque momento. 

Sia il primo esempio che il secondo sono situazioni frequenti in medicina legale ed in giurisprudenza quando si deve valutare un’eventuale diminuzione della vista a seguito di un intervento o di un trauma oculare o quando si deve decidere se avviare un’indagine a seguito di una testimonianza oculare. Attualmente, soprattutto per il secondo esempio non esistono metodi per verificare se, potenzialmente, il testimone era realmente in grado di vedere con precisione quello che asserisce. Per il primo caso viceversa, la valutazione del visus prima e dopo un evento soggetto ad indagine si limita alla classica misurazione in decimi che non ha alcuna correlazione con la realtà visiva che il soggetto è effettivamente in grado di vedere.

Cenni storici sulle metodiche che hanno permesso la nascita dell’ SRV

Nei primi anni 80 grazie agli studi di F. Zernike, un matematico polacco premio nobel per le sue ricerche in astro fisica, si è iniziato a studiare come correggere le leggi matematiche che regolavano i meccanismi della percezione delle immagini. Gli studi di Zernike ebbero subito riscontro in una nuova serie di lenti utilizzate nei telescopi che riuscivano ad ottenere immagini del cosmo migliori delle precedenti. In quegli anni, una famosa missione spaziale della Nasa mise in orbita un telescopio che doveva permettere di superare le imperfezioni ottiche create dall’atmosfera. Il telescopio Hubble doveva inviare dallo spazio immagini perfette e ad una risoluzione mai vista prima. Quando furono analizzate le prime immagini, la delusione dei ricercatori fu enorme. Purtroppo a causa di alcune imperfezioni costruttive di una lente del telescopio le immagini dello spazio erano sfocate e inutilizzabili. Bisognava correggere con una nuova lente le imperfezioni create dalle altre lenti del telescopio. In altre parole bisognava fare l’esame del visus al telescopio e dare un nuovo occhiale correttivo del difetto di vista del telescopio, proprio come facciamo con l’occhio umano. La differenza fondamentale era proprio che in questo caso non servivano i decimi di vista, ma era necessaria un tecnica di correzione delle immagini per vedere a fuoco esattamente quello che il telescopio era in grado di vedere dallo spazio.

Grazie agli studi di Zernike fu analizzato l’immagine sfocata e da questa si è risaliti ai difetti delle lenti ed infine alla lente in grado di annullare i difetti costruttivi. Il risultato fu di ottenere finalmente immagini perfette. Alla fine degli anni 90 queste tecniche di studio furono applicate alla vista e alla correzione laser dei difetti di vista. La modificazione della vista creata dalle imperfezioni oculari è chiamata “fronte d’onda” Questo va immaginato come un insieme di alterazioni ottiche che si frappongono fra la retina e la realtà che noi vediamo. Le imperfezioni che costituiscono il fronte d’onda si chiamano “aberrazioni oculari”.

Nel nostro occhio queste aberrazioni sono sempre presenti e possono essere considerate alla stregua di una impronta digitale. Infatti sono assolutamente diverse da individuo ad individuo e si modificano negli anni. Le strumentazioni che analizzano il fronte d’onda e le aberrazioni in esso contenute si chiamano aberrometri. Questi apparecchi sono in grado di dirci con sufficiente precisione quali e quante imperfezioni ottiche sono contenute nell’occhio umano. L’ organo della vista vede ed invia le immagini al cervello con una apertura focale analoga ad un obiettivo di 50 millimetri di una macchina fotografica. Se guardiamo un oggetto ad una distanza pre definita e, contemporaneamente, scattiamo una foto con un obiettivo da 50 millimetri otteniamo su carta fotografica quello che abbiamo visto con i nostri occhi. L’unica differenza tra quanto noi vediamo e la nostra foto sarà data dalle imperfezioni oculari ed in definitiva dalle aberrazioni oculari presenti nell’occhio in grado di farci vedere in modo diverso l’oggetto fotografato.

Con il Simulatore di Realtà Visiva (SRV) si è in grado vedere “quello che l’occhio effettivamente vede” senza limitarsi a misurare in decimi la vista, o di ricostruire una scena che un individuo sostiene di aver visto; utilizzando in combinazione tra loro tecniche fotografiche e di ricostruzione della immagine analizzate con le aberrazioni ottiche dell’occhio da esaminare.

Come si effettua l’esame SRV

L’ SRV è un esame non invasivo e pertanto può essere eseguito in qualsiasi indagine medico legale. Consiste in una visita oculistica classica in cui si rilevano gli eventuali difetti di vista e la presenza di malattie oculari e di un esame aberrometrico dell’occhio (anch’esso non invasivo) della durata di circa 1 o 2 secondi. I dati acquisiti vengono poi analizzati con un apposito software che è in grado di analizzare una foto scattata in precedenza e di manipolarla adattandola al modo di vedere del soggetto esaminato. La foto deve essere scattata con un obiettivo da 50 millimetri, ma nel caso di una indagine giudiziaria che parte già da una fotografia di un luogo o di un soggetto e scattata con un obiettivo qualunque si è ugualmente in grado di ricostruire l’immagine secondo le aberrazioni ottiche del soggetto da esaminare.

Quando si effettua l’esame SRV?

I casi di medicina legale, in cui si discute se a seguito di un intervento o di un trauma oculare si sia determinata una riduzione della acutezza visiva possono essere facilmente analizzati con l’SRV. La possibilità del Giudice di vedere “quello che vede il paziente” permetterà di valutare in prima persona l’eventuale modificazione del visus avvenuta. In questo caso un esame della stessa immagine prima e dopo un intervento darà modo al Giudice di valutare in modo assolutamente obiettivo un eventuale deterioramento del visus.

Successivamente, la classica valutazione in decimi potrà essere utilizzata solo come parametro legale di risarcimento del danno.

L’SRV può essere estremamente utile anche nei casi di indagine giudiziaria in cui un testimone asserisce di aver visto qualcosa o qualcuno ad una certa ora di un certo giorno. In questi casi l’analisi visiva SRV permette all’ investigatore o al Giudice di valutare in prima istanza se quanto dichiarato era realmente visibile o no, e di decidere in modo scientifico se avviare o archiviare un indagine.

Trattamento digitale delle immagini acquisite con esame SRV

L’immagine sottoposta alla tecnica SRV può essere stampata, archiviata in formato digitale esattamente come qualunque fotografia scattata con una macchina fotografica. Il formato digitale permette di eseguire rapidamente confronti, per esempio, tra la stessa immagine in cui vengono sottratte le aberrazioni indotte dagli occhiali o anche solo parte di esse. In questo caso è possibile ricostruire quello che il soggetto asserisce di aver visto sia con gli occhiali che senza.

Inoltre, la stessa immagine può essere ricostruita non solo secondo le aberrazioni ottiche indotte dall’occhio ma anche secondo le aberrazioni atmosferiche del momento od ancora legate alla luce presente in quel momento. Ad esempio si può valutare la stessa fotografia dopo aver simulato la luce solare o quella notturna ma anche la presenza di nubi e di un cielo coperto con conseguente diminuzione del contrasto luminoso.

Quali sono i limiti dell’esame SRV?

Questa nuova tecnica di indagine visiva ha attualmente dei limiti che si prevede saranno rapidamente superati nel tempo. Attualmente, l’SRV può essere eseguito solo su soggetti che non hanno patologie oculari retiniche centrali, del cristallino e della cornea. Viceversa è possibile analizzare qualunque immagine anche in presenza dei difetti di vista più disparati. Pertanto, sia i soggetti che hanno una vista normale (10 decimi) o meno, senza occhiali o con occhiali o lenti a contatto possono essere sottoposti all’esame.

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Informazioni sull'autore

Massimo Filippello

Massimo Filippello

Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1980 con 110/110 e lode. Specializzazione in Oftalmologia nel 1984 con 50/50 e lode. Master sulla diagnosi e la terapia dei tumori oculari con il Dottor Leonidas Zografos, massimo esperto mondiale di melanomi oculari, nel 1984-1985 presso la Clinica oftalmologia di Losanna.

Successivamente ha continuato la sua attività a Losanna per diversi anni presso la clinica oculistica con il dottor Francesco Frazzetto.

Ha lavorato come consulente in campo oftalmologico per numerose multinazionali in campo farmaceutico con il ruolo di direttore medico. Collabora attualmente con diverse aziende farmaceutiche.

Autore di 75 pubblicazioni e 4 brevetti internazionali in campo oftalmologico.

Ha costruito un'azienda che si occupa della produzione di principi attivi nella creazione di nuovi integratori e farmaci.

Ad oggi ha eseguito personalmente 40.000 interventi chirurgici in tutti i campi dell'oculistica, dell'oftalmoplastica e della chirurgia refrattiva. Esegue interventi di cataratta, di vitrectomia, di chirurgia del glaucoma, trapianti di cornea e interventi di estetica.

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